After an introduction to the story of the equestrian monument to Francesco Sforza, the discussion turns to the two drawings by Antonio Pollaiolo owned by Vasari which he thought represented Francesco Sforza. One of these drawings was surely that now in Munich, with Francesco trampling a soldier. The other drawing, now in New York, showing a rider leaping at a great naked female figure, is also almost invariably understood to be Vasari’s other drawing of Francesco Sforza. But Vasari’s description of the drawings appears to imply that the drawing with the female figure, erroneously identified by him as Verona, was significantly different from the New York drawing. The author examines the hypothesis that the New York drawing illustrates Federico da Montefeltro triumphing over Volterra in 1472 after the infamous sack: then, the Florentines showered him with gifts including a great horse and an elaborate helmet made by Pollaiolo, of whom Federico was very fond. The hypothesis that the equestrian monument shown in the New York drawing was intended for Federico’s mausoleum in his palace at Urbino is discussed: it may be – to judge from Vasari’s account of the drawings – that Pollaiolo had already made drawings for this project that differed from the New York drawing, and that the drawing owned by Vasari was not in fact the New York drawing.
Dopo un’introduzione sulla storia del monumento equestre a Francesco Sforza, la discussione si concentra sui due disegni di Antonio Pollaiolo posseduti dal Vasari, che secondo lui rappresentavano Francesco Sforza. Uno di questi era sicuramente quello ora a Monaco, con Francesco che calpesta un soldato. Anche l’altro disegno, ora a New York, che mostra un cavaliere che salta verso una grande figura femminile nuda, è quasi sempre ritenuto essere l’altro disegno di Francesco Sforza del Vasari. Tuttavia, la descrizione dei disegni fatta dal Vasari sembra implicare che il disegno con la figura femminile, da lui erroneamente identificata come Verona, fosse diverso dal disegno newyorkese. L’autore esamina l’ipotesi che il disegno di New York raffiguri Federico trionfante su Volterra nel 1472 dopo il famigerato sacco: allora i fiorentini lo colmarono di doni, tra cui un grande cavallo, un elaborato elmo e argenti realizzati dal Pollaiolo, a cui Federico era molto affezionato. Si discute l’ipotesi che il monumento equestre rappresentato nel disegno newyorkese fosse destinato al mausoleo di Federico nel suo palazzo a Urbino: può darsi – a giudicare dal resoconto dei disegni del Vasari – che il Pollaiolo avesse già realizzato per questo progetto disegni diversi da quello di New York, e che il disegno posseduto da Vasari non fosse in realtà il disegno di New York.
The paper describes the story of a Milanese palace, not considered by modern literature as it was destroyed in 1943 bombings. It was inhabited by Luigi Cagnola, who restored it in Neoclassical forms, but above all it had been commissioned in 1565 by Senator Danese Filiodoni, a prominent figure in Spanish Milan. The elements that it is possible to ascertain on the basis of the retrieved documents are sufficient to draw a new and not negligible piece in the mosaic of the architectural production in Milan in that peculiar time of transition.
L’articolo ricostruisce le vicende di un palazzo milanese, non considerato dalla letteratura recente in quanto distrutto dai bombardamenti del 1943, abitato e ristrutturato in forme neoclassiche da Luigi Cagnola, ma soprattutto commissionato nel 1565 dal senatore Danese Filiodoni, personaggio di primo piano nella Milano spagnola. Gli elementi che è possibile accertare sulla base della documentazione rintracciata sono sufficienti a delineare un nuovo e non trascurabile tassello nel mosaico della produzione architettonica nella Milano di quel singolare momento di transizione.
The article aims to complete the analysis of the artistic career of the modenese painter Camillo Gavasetti (Modena 1595 - Reggio Emilia 1630) through the study of his works, the analysis of already known documents and the retrieval of new attestations, starting from 1624 when Gavasetti managed to obtain the decoration of the presbytery of the Piacentine church of Sant’Antonino. Following this assignment, the painter moved permanently to the Duchy of Parma and Piacenza where he enjoyed some success: this is evidenced by both the inventories of the most important private collections of Piacenza and by the Farnese family collection itself. In addition, he received important commissions from religious institutions both in the Duchy and in Reggio Emilia, such as the fresco decoration he carried out in the Basilica della Ghiara. Furthermore, the attribution of various works to the artist allows us to clarify even more his activity which proves to be of excellent quality, as in the case of the canvas depicting Sofonisba drinking poison (Intesa Sanpaolo collection).
L’articolo mira a completare l’analisi della carriera artistica del pittore modenese Camillo Gavasetti (Modena 1595 - Reggio Emilia 1630) attraverso lo studio delle sue opere, l’analisi di documenti già noti e il recupero di nuove attestazioni, a partire dal 1624, quando Gavasetti riuscì a ottenere la decorazione del presbiterio della chiesa piacentina di Sant’Antonio. In seguito a questo incarico, il pittore si trasferì definitivamente nel ducato di Parma e Piacenza, dove ottenne un certo successo: ciò è testimoniato sia dagli inventari delle collezioni private più importanti di Piacenza sia dalla stessa collezione della famiglia Farnese. Ricevette anche importanti commissioni da istituzioni religiose sia nel ducato sia a Reggio Emilia, come la decorazione a fresco che realizzò nella Basilica della Ghiara. Inoltre, l’attribuzione di varie opere all’artista ci permette di chiarire ancora di più la sua attività, che si dimostra di ottima qualità, come nel caso del dipinto raffigurante Sofonisba che beve il veleno (collezione Intesa SanPaolo).
The study investigates the link between the world of the of late seventeenth-century theatricality and the pictorial cycle realized between 1683 and 1699 in the church of Sant’Alessandro in Zebedia in Milan. A key figure in the understanding of the relationship between these two areas is the creator of the iconography of the paintings, the Barnabite father Demetrio Suppensi. Professor of rhetoric, theatre theorist and author of dramatic texts and ephemeral celebratory apparatuses, Suppensi was indeed capable to pour these aspects of his production in the definition of iconographic models for the decoration of the church.
Lo studio indaga il legame tra il mondo della teatralità tardo secentesca e il ciclo pittorico realizzato tra il 1683 e il 1699 nella chiesa di Sant’Alessandro in Zebedia a Milano. Figura chiave per comprendere il rapporto tra questi due ambiti è l’ideatore dell’iconografia delle pitture, il padre barnabita Demetrio Suppensi. Docente di retorica, teorico del teatro e autore di testi drammatici e apparati celebrativi effimeri, Suppensi, fu, infatti, capace di riversare questi aspetti della sua produzione nella definizione di modelli iconografici per la decorazione della chiesa.
Paolo Landriani (1757-1839), scenographer and architect, active in Lombardy between the 18th and 19th centuries, mainly worked for Brera Academy and Teatro alla Scala in Milan. Therefore, his being a scenographer is well documented in about one hundred and twenty drawings collected by the publisher Giuseppe Vallardi in 1840, drawings brought together in four albums kept at the Gabinetto dei Disegni of the Castello Sforzesco in Milan. Some stage sets and perspectives present in D 14 of the Vallardi albums, among them unpublished ones, are the main topic of the essay in which a comparison is also made with drawings by Landriani himself kept at the of Gabinetto dei Disegni e delle Stampe of Brera Academy and with some 19th century engravings belonging to the Civica Raccolta delle Stampe Achille Bertarelli of Milan. By analysing such drawings, a common style and technique characteristics of Paolo Landriani are clear, i.e. an authentic neoclassical language, a special attention to ornamentation, the employment of brush and brown and grey wash, and a wiser use of light to convey atmosphere.
Paolo Landriani (1757-1839), scenografo e architetto, attivo in Lombardia tra il XVIII e il XIX secolo, lavorò principalmente per l’Accademia di Brera e il Teatro alla Scala di Milano. La sua attività di scenografo è ben documentata in circa centoventi disegni raccolti dall’editore Giuseppe Vallardi nel 1840. Questi disegni sono conservati in quattro album presso il Gabinetto dei Disegni del Castello Sforzesco di Milano. Alcune scenografie e prospettive presenti nel D 14 degli album Vallardi, in parte inedite, sono il tema principale del contributo, in cui si effettua anche un confronto con i disegni dello stesso Landriani conservati presso il Gabinetto dei Disegni e delle Stampe dell’Accademia di Brera e con alcune incisioni del XIX secolo appartenenti alla Civica Raccolta delle Stampe Achille Bertarelli di Milano. L’analisi di tali disegni rivela uno stile comune e caratteristiche tecniche proprie di Paolo Landriani, ovvero un autentico linguaggio neoclassico, una particolare attenzione all’ornamentazione, l’impiego del pennello e del lavaggio bruno e grigio, nonché un uso più sapiente della luce per trasmettere l’atmosfera.
The article is the first complete biography of Giulio Carotti, one of the protagonists in the fervid cultural season that developed in Milan between the 19th and the 20th centuries. The research, based on mostly unpublished archival sources, highlights Carotti’s activity for Brera Academy and the Pinacoteca di Brera, as well as looks into his roles as an officer for Milanese institutions (Ufficio Esportazioni, Museo Patrio d’Archeologia, Commissione conservatrice), and explores his teaching experiences and his literary production (a list of Carotti’s publications is presented in the appendix). The biographical reconstruction – which is combined with Carotti’s ideas on the preservation and restoration of the Lombard cultural heritage and on the teaching of the History of art – also brings to the surface his connections with other prominent personalities such as Giuseppe Mongeri, Camillo Boito, Adolfo Venturi, Giuseppe Bertini, Emilio Visconti Venosta e Gustavo Frizzoni.
L’articolo presenta la prima biografia ragionata dello storico dell’arte Giulio Carotti, figura tra le più attive a Milano nella vivace stagione culturale a cavallo tra XIX e XX secolo. La ricerca, basata su fonti archivistiche per lo più inedite, rimarca la centralità dell’operato di Carotti presso l’Accademia e la Pinacoteca di Brera, ripercorre gli incarichi da lui rivestiti come funzionario all’interno delle istituzioni milanesi (Ufficio esportazioni, Museo Patrio d’Archeologia, Commissione conservatrice), l’attività di docenza e la produzione letteraria (di cui si fornisce in appendice l’elenco delle pubblicazioni). La ricostruzione biografica ‒ posta in relazione con le sue idee sulla tutela e il restauro del patrimonio culturale lombardo e sull’insegnamento della storia dell’arte ‒ mette in luce anche i suoi rapporti con altre personalità di spicco come Giuseppe Mongeri, Camillo Boito, Adolfo Venturi, Giuseppe Bertini, Emilio Visconti Venosta e Gustavo Frizzoni.
New documents enhance the knowledge of a little-studied art contest promoted in 1936 by the Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano for the decoration of four monumental stained-glass windows. It is a collection of approximately 60 letters, part of the book collection entitled to Lodovico Pogliaghi (1857-1950) in the Biblioteca Ambrosiana in Milan. The letters were sent to the artist by the Cremonese painter Antonio Rizzi (1869-1940), his brother in law, between 1936 and 1940; they contain a detailed, first-hand account of the contest, as Rizzi participated in it and was given the assignment of decorating one of the four windows in collaboration with the painter Innocente Cantinotti; due to some unfortunate events, however, their task was never completed. The contest involved many personalities from the artistic and political world. An integrated analysis of Rizzi’s letters and some documents kept in the Veneranda Fabbrica archives allows an accurate reconstruction of the long and complex history of the contest and provides an interesting insight on all interactions, interests and political influences that surrounded public artistic enterprises in Milan in the second half of the 1930s.
Nuovi documenti consentono di far luce su un concorso poco studiato indetto nel 1936 dalla Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano per la decorazione di quattro vetrate per i finestroni monumentali della cattedrale. Si tratta di un carteggio, parte del fondo librario intitolato a Lodovico Pogliaghi (1857-1950) custodito presso la Biblioteca Ambrosiana a Milano, composto da una sessantina di lettere manoscritte inviate all’artista dal pittore cremonese Antonio Rizzi (1869-1940), suo cognato, tra il 1936 e il 1940. Le missive contengono un dettagliato resoconto delle vicende del concorso cui Rizzi partecipò con l’incarico di eseguire una delle vetrate in collaborazione con il pittore Innocente Cantinotti; a seguito di varie e sfortunate vicissitudini il loro lavoro però non fu mai portato a termine. Il concorso coinvolse molti personaggi della scena artistica e politica di quel momento. L’analisi del carteggio di Rizzi, integrata con quella dei materiali di archivio conservati presso la Veneranda Fabbrica, permette una accurata ricostruzione dello svolgimento di un concorso lungo e complesso e restituisce un interessante spaccato delle interazioni, degli interessi e delle influenze politiche che caratterizzavano il contesto delle realizzazioni artistiche pubbliche milanesi nella seconda metà degli anni trenta.
The article proposes the attribution of the intriguing Portrait of a Gentleman from the Poldi Pezzoli Museum in Milan to the Bergamo-born painter Jacopo Negretti, known as Palma il Vecchio. Approached by critics alternately to Giorgione’s school or Titian’s youth, the portrait is characterized by a series of stylistic details – the shapely face, the milky complexion, the prominent chin and nose – which identify the author in the painter of Serina. The attribution to Palma il Vecchio is also confirmed by high quality details typical of the Venetian Renaissance found in other portraits of the painter; these characteristics allow to establish comparisons with other works by Palma – such as The Lute Player at Alnwick Castle and the Portrait of a Man at the Hermitage – but also with the portraiture of Giorgione and Titian. The restorations and radiographic analyzes, carried out in 2010, revealed that the first draft of the painting was inspired by Giorgione’s Double Portrait Ludovisi (Rome, Museo Nazionale di Palazzo Venezia).
L’articolo propone l’attribuzione dell’intrigante Ritratto di gentiluomo del Museo Poldi Pezzoli di Milano al pittore bergamasco Jacopo Negretti detto Palma il Vecchio. Avvicinato dalla critica alternativamente alla scuola di Giorgione e alla giovinezza di Tiziano, il ritratto è caratterizzato da una serie di dettagli stilistici ‒ il viso formoso, l’incarnato latteo, il mento e il naso prominenti ‒ che identificano l’autore nel pittore di Serina. L’attribuzione a Palma il Vecchio è confermata anche da una serie di dettagli di alta qualità tipici del Rinascimento veneziano che si ritrovano in altri ritratti del pittore e permettono all’autore di istituire confronti con altre opere di Palma ‒ come La suonatrice di liuto ad Alnwick Castle e il Ritratto di uomo all’Ermitage ‒ ma anche con la ritrattistica di Giorgione e Tiziano. I restauri e le analisi radiografiche, effettuate nel 2010, hanno rivelato che la prima stesura del dipinto era ispirata al Doppio ritratto Ludovisi di Giorgione (Roma, Museo Nazionale di Palazzo Venezia).
The notary deed of confessio, preserved in the State Archives of Milan, between Caradosso’s brother Nicola Foppa and Antonio and Vittore Martinengo, dated 28 of November 1509, relating to a debt of 500 ducats, calls for a series of issues only partially identified. The absence of other documents leads us to formulate three possible hypotheses regarding the object of this large payment: the first one is to recognize in the notarial deed the payment for some parts (perhaps those in bronze) of the Martinengo monument for the church of San Cristo, now in Santa Giulia in Brescia, which had not yet been completed in 1509. A second more reliable hypothesis reads in the document the balance for jewels, silver, antiques or medals supply; another interpretation could relate the document to an unidentified funerary work for one of the churches in Brescia that were the mausoleum of the different branches of the family.
L’atto notarile di confessio tra Nicola Foppa, fratello di Caradosso, e Antonio e Vittore Martinengo, datato 28 novembre 1509 relativo a un debito di 500 ducati, conservato tra gli Atti dei notai dell’Archivio di Stato di Milano, sollecita una serie di questioni, solo in parte oggi risolvibili. L’assenza di altri documenti finora rintracciati ci spinge infatti a formulare tre possibili ipotesi circa l’oggetto dell’ingente pagamento: la prima lettura è riconoscere nell’atto notarile il pagamento per alcune parti (forse quelle in bronzo) del monumento Martinengo per la chiesa di San Cristo, oggi a Santa Giulia, e che nel 1509 non era stato ancora portato a termine. Una seconda ipotesi, più credibile, vorrebbe leggervi il saldo di una fornitura non per un manufatto monumentale, bensì per gioielli, argenti, antichità o medaglie; infine, un’ultima interpretazione potrebbe ricollegare il documento a un’opera funeraria della quale abbiamo perso le tracce, in una delle chiese che a Brescia furono mausoleo dei diversi rami della famiglia.
In the inventory of the assets of the suppressed convent of the Discalced Carmelites in Mantua, drawn up on 1 June 1782, the structure of the monastery and the adjoining church, recently rebuilt and dedicated to Santa Teresa, is precisely described. The entire convent, after its sale at auction, underwent profound transformations that led to its disappearance. The identification of a project intended for the mothers of Santa Teresa among the architectural studios of Count Ottavio Scotti of Treviso (1683-1748), never sufficiently investigated, now throws new light on the unclear and poorly documented events of a building and a community of nuns too soon forgotten in the religious and architectural history of the city of Mantua.
Nell’inventario dei beni del convento soppresso delle carmelitane scalze di Mantova, stilato il 1° giugno 1782, è descritta con precisione la struttura del monastero e della chiesa annessa, da poco riedificata e intitolata a Santa Teresa. L’intero convento, dopo la sua vendita all’asta, subì profonde trasformazioni che ne decretarono la scomparsa. L’individuazione di un progetto destinato alle madri di Santa Teresa tra gli studi di architettura del conte Ottavio Scotti di Treviso (1683-1748), mai sufficientemente indagati, getta ora nuova luce sulle vicende poco chiare e poco documentate di un edificio e di una comunità di monache troppo presto dimenticati nella storia religiosa e architettonica della città di Mantova.