Per Giovanni Ambrogio Besozzi
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Chissà se fu Luigi Malvezzi, con quella definizione di pittore di «secondo ordine», a segnare la sfortuna di Giovanni Ambrogio Besozzi (Milano, 1648-1706), artista che, a dispetto della fama e abilità riconosciutegli dai contemporanei, risulta fermo a una voce biografica datata, a una manciata di informazioni troppo settoriali per comprenderne l’effettiva personalità e portata e a un numero ridotto di opere, tra incisioni, disegnie dipinti, questi ultimi, tra l’altro, per lo più scalati tra l’ultimo decennio del Seicento e i primi anni del secolo successivo. Come altri artisti che popolano la pittura milanese tardobarocca, quella all’incirca compresa tra la riapertura dell’Accademia Ambrosiana (1668) e la piena affermazione del rococò, Besozzi è in attesa di uno studio mirato, in grado di intrecciare i risultati di un’attenta ricerca archivistica con quelli di un’indagine sistematica, almeno nei luoghi dove le fonti collocano la sua storia professionale. |
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